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DESparole: il gioco delle parole DES... #4

Parola: Descrivere

di Angela Fossa

Descrivere sembra l'operazione letteraria più facile ed oggettiva: basta guardarsi intorno e quasi per dettatura interiore annotare ciò che l'occhio vede. In realtà niente è più soggettivo del descrivere. Si vede per differenze tra il già visto e il nuovo, non si vede più quello che guardiamo quotidianamente, ogni singolo elemento evoca associazioni con la memoria. Si accendono desideri, nostalgie, si insinuano rivoli di rimpianti. Ciascuno vede con gli occhi dell'anima.

A volte la sensazione davanti a un oggetto o certe visioni di natura, vocii stranieri in strade affollate si caricano di così tanto senso che la prosa non basta più: le parole acquistano un surplus di significanza, la sinestesia opera incroci tra i sensi e acquistano un altro spessore, più ambiguo ma più ricco, trasbordando nella poesia.

Allora le pause del pensiero permettono di lasciare uno spazio bianco, un aggettivo si appoggia a una parola in modo insospettato, una trama di presente e passato, un volo verso un desiderio inespresso. Un gesto piccolo diviene evento colto nell'attimo, fugace, prezioso come una movenza di danza, un concentrato di sé che diventa filo di scrittura e suono.

Danza la memoria con movimenti a volte lenti, affondando e aprendo varchi, liberando veli di immagini confuse, ma a volte c'è un balzo repentino verso una direzione chiara. Un oggetto, un luogo, abbracciano la movenza, e ti ritrovi sulle tavole di legno di una balera estiva. Hai lo sguardo di allora, a 8 anni: i piedi scivolano sul valzer dell'orchestra paesana, seguendo i passi di mio padre. Un due tre, un due tre, sempre più veloce. Attenta, si cambia giro. La fisarmonica continua e quel suono entra nella memoria, come un piacere che non ti lascerà mai. La danza continua come un filo rosso negli anni dall'infanzia all'adolescenza e avanti nella vita.

Sempre frammenti preziosi di pura gioia, momenti di abbandono, di allegria condivisa, di sorpresa nella scoperta di un desiderio nuovo tra le braccia di un estraneo compagno di danza.

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Parola: DES

di Angela Fossa

D, occlusiva dentale sonora, esplode battendo su un ostacolo. La durezza dei denti è un limite che da inizio al suono , come la durezza della terra permette l'appoggio per la spinta verso l'alto. Così Ermes spinge al suolo il piede con le piccole ali sulla caviglia, trasvolando tra Terra e Cielo.

E libera il suono senza bisogno di appoggi, come le altre sorelle vocali. Apre le labbra al sorriso, invita le braccia ad aprisi leggere per iniziare una spirale o girotondo.

S si insinua tra i denti, sospira, sibila, serpeggia, sale e scende, seducente e spinosa, sorride e singhiozza. Scorre tra sensi del corpo e sentimenti dell'anima: è il Sound.

Il trio sonoro DES Danza Esplorando Spazi

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Parola: DEStino

di Cristina Negro

"Non posso non farlo", “non riesco a non farlo” confessa un bambino di sette anni dopo aver dato un calcio ad un suo compagno. C’è disperazione nel suo sguardo, impotenza fragile di fronte al non sapere come fare per trattenersi, c’è urgenza di picchiare, trasgredire, essere aggressivo. Desiderio di essere al centro dell’attenzione, sempre e comunque, pronto ad utilizzare qualsiasi mezzo pur di avere uno sguardo su di sé.

Eppure nei suoi occhi, nei suoi gesti, nelle sue parole c’è anche tenerezza, sentimento, passione, c’è una vitalità ingombrante, assordante, da non sapere dove incanalarla, come orientarla.

Quale sarà il suo destino?

E noi educatori, danzaeducatori, artisti, come trovare il “giusto” modo per aiutarlo? Possono la danza, il corpo, le nostre parole e i nostri sguardi essere uno strumento importante per “regolare” l’energia e il disagio di chi a volte si sente scomodo nella propria pelle?

Per partecipare compilare il FORM

Consulta le regole del gioco nei post precedenti.

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